Racchiuso tra il Tevere, villa Glori, viale Tiziano ed il complesso Stadio Flaminio-Auditorium, diviso in due dal cavalcavia di corso Francia, il Villagio Olimpico di Roma è uno di quei luoghi sospesi nel tempo.
Nato per ospitare gli atleti delle olimpiadi estive del 1960, fu poi assegnato ai cittadini per residenze private. Le caratteristiche, il progetto, l’utilizzo dei pilotis e la presenza costante del verde lo rendevano un luogo unico all’interno della città e non solo. Un verde quasi invadente che si ritrova in ogni angolo ed in ogni apertura tra i palazzi o le strade. Con questi palazzi sospesi così da non fermare lo sguardo, con la sua cortina che richiama gli edifici dell’antica Roma.
Il quartiere con il passare degli anni ha perso un po’ della sua particolarità, adesso non è né bello né brutto, né ricco né povero. E’ un quartiere che, un po’ come la sua città, vive nel ricordo del suo passato glorioso ma che ha paura di andare nel futuro.
Questo progetto fotografico, realizzato in una campagna di 4 sessioni nell’arco di 3 mesi, non ha la pretesa di giudicare l’estetica, la qualità della vita dei suoi abitanti, il degrado o la ricchezza, sono giudizi che lascia allo spettatore. Il progetto vuole documentare oggi un progetto architettonico ambizioso ed unico nella città, un progetto avanti degli anni quando fu realizzato e che forse, la sua idea primigenia, è ancora valida oggi.